di Lorenzo Fua'
"Ora debbo andare, mi scusi se l'ho importunata con inutili chiacchiere di cui, forse, avra'
capito poco piu' che nulla, ma avevo poco tempo a disposizione e sono stato conciso
...Comunque, vedra' che prima o poi ne verra' a capo da solo.. Ne sappia fare buon uso".
Dette queste parole Davide mi abbraccio' con affetto come se fossimo stati due vecchi amici e,
veloce, percorse il tratto di porto che lo separava dal traghetto. Mentre lo osservavo
scomparire all'interno del battello ripensai al nostro fortuito incontro.
Era un pomeriggio di fine estate ed io me ne stavo pigramente seduto al bar del porto a
prendere gli ultimi tepori, quando lo vidi arrivare, con passo deciso, verso di me, come se si
stesse dirigendo verso qualcuno che conosceva da tempo. Gentilmente chiese il permesso di
sedersi al mio tavolino. Con un cenno della mano glielo concessi. Appena si fu accomodato,
quasi che temesse una sequela di importune domande da parte mia, disse che aveva bisogno di
riposarsi e di raccogliere le idee prima di partire per il Mar Rosso, quindi sprofondo' in un
silenzio di tomba. Attorno a noi comitive di turisti si muovevano impegnate a sbrigare le ultime
pratiche per l'imbarco. Incuriosito, osservai di trafilo il mio "muto ospite": aveva lo sguardo
lontano ed era immerso in chissa' quali profondi riflessioni ..Evidentemente, pensai, lui,
previdente, aveva gia' fatto tutti i giri tra dogana e diritti d'imbarco ed ora voleva "scroccarsi
un po' di pace e godere della nevrosi altrui.. Improvvisamente, come se uscisse da una lunga
tormentata indecisione, si volto' verso di me di scatto:
"Scommetto che a lei non e' mai capitato di ripensare alla vita trascorsa.. " - disse, ..e senza
attendere una mia risposta, seguito' "..ed e' un male, creda a me,. ..spesse volte il passato
nasconde insegnamenti che ci possono apparire chiari solo dopo molti anni. ..Lei e' una
persona fortunata: ha davanti a se' un esempio vivente." e, dopo aver girato la sedia e senza
attendere da parte mia il minimo cenno di consenso che dimostrasse che io fossi disposto a
intrecciare un dialogo, inizio' a raccontare della sua vita.
Erano trascorsi pochi giorni da quando gli era capitato, per la prima volta, di tornare con la
memoria a quella sera di fine settembre - primi di ottobre, quando, con tutta la famiglia, si
recava a casa dei nonni. Ora ricordava perfettamente di come si disponevano tutti a piramide,
in ordine di eta', ..i vecchi ..gli adulti ..i bambini, sotto il telo di seta bianca dai lati frangiati e
orlati di nero. La sotto, in silenzio, attendevano il suono prolungato del corno d'ariete'.
"Un suono che fa male al cuore" ..ci tenne a precisare.
Lui, intimorito e affascinato si stringeva alle gambe dei grandi cercando protezione, la notte,
poi, prendeva sonno con difficolta'.
Aveva ripensato anche a quel caldo giorno d'estate, quando il maestro della piccola scuola
del paese, sfidando il solleone e la polvere della strada, era salito sino alla villa per parlare con
lui. . Era un grande onore che una persona cosi' importante come il maestro si fosse
scomodato per parlare proprio con lui, visto che normalmente erano i giovani ad andare da lui
a cercare saggezza. Il nonno lo aveva ammonito a non fare domande sciocche, aveva quasi
tredici anni ed era quasi un ometto. Lui aveva promesso e, vestito a festa, si era messo di
vedetta dalla sua stanza. L'attesa non duro' a lungo: in fondo al viale, apparve il "Maestro".
Contrariamente alle sue aspettative non era vecchio ne' aveva la barba lunga, ma era giovane e
completamente sbarbato. Davide rimase deluso anche quando vide che l'ospite non veniva a
cercare subito di lui, ma si sedeva sotto il berceau del giardino per sorseggiare, con evidente
compiacimento, la granita di limone, vanto di "Nonna Miriam".
"Dunque era questo il vero motivo della visita, non io!", penso' allora Davide "Quali alti
insegnamenti potro' trarre da una persona che si fa chiamare "Maestro" e "fonte di saggezza" e
che invece mostra di non aver alcuna intenzione di rinunciare alle gioie materiali della vita!", e.
completamente sfiduciato attese di essere convocato. Per dispetto, sgualci' gli abiti e li sporco'
anche con un poco di marmellata per mostrare che anche lui "aveva goduto". Il "maestro" non
si offese del suo stato di abbandono e neppure lo prese come un monito, anzi, oso' chiedergli
se la marmellata era buona.. Di tutto il lungo dialogo che di li' si svolse tra lui e il maestro
allora nulla lo colpi' particolarmente, se non una strana storia di luci e vasi rotti.
Dopo quel giorno la sua vita non registro' grandi mutamenti e trascorse pigra e piatta.
Giunse la maggiore eta' e, come tutti, si trasferi' in una grande citta' per terminare gli studi. Li'
la vita era completamente diversa: le persone e le cose avevano un aspetto piu' rilassato ed
invitante. Davide vi adatto' subito. Senza troppa fatica trovo' un lavoro che, pur
assicurandogli lo stretto necessario, non lo teneva troppo occupato e gli permetteva di
divertirsi. Non si fece alcun problema all'idea che, sicuramente, il Maestro e il nonno non
avrebbero mai condiviso la sua nuova attivita': era uno stimato rappresentante di una industria
di prodotti alimentari derivanti dalla carne suina,
"..Devo pur vivere!"..pensava e tirava avanti.
Nel tempo libero frequentava allegre brigate di amici che dividevano il tempo tra lo studio e
il divertimento . Tutto sembrava filare liscio, ma dentro il suo cervello qualche cosa stava
ribollendo. Il primo sentore che stesse per accadere l'irreparabile inizio' ad avvertirlo nel
disagio che provava la mattina al risveglio. Inizialmente non dette troppo peso a quella
spiacevole sensazione e, la sera stessa, al momento di decidere dove andare a divertirsi,
sentenziava con ostentata sicurezza
"Il vino di ieri sera era cattivo! Errare humanum est ..perseverare diabolicum...E' necessario
cambiare locale!" e rideva divertito.
Una mattina, non che fosse accaduto nulla di straordinario, non riusci' a radersi, o, per
essere piu' esatti, non riusci' a sopportare la propria immagine riflessa nello specchio. Ancora
una volta non dette troppa importanza all'avvenimento.
"Sinceramente il mio aspetto, dopo una nottata di baldoria, non e' dei piu' belli a vedersi di
primo mattino" penso' e, ridendo e con la barba sfatta, usci' di casa.
Poco alla volta, la fobia per la sua immagine ando' aumentando a tal punto che presto, pur
non riducendo il suo viso ad un campo di battaglia, imparo' a radersi senza fare uso dello
specchio. Il suo carattere registro' un lento e inesorabile mutamento. Divento' permaloso e
litigioso. Ogni controversia, anche la piu' banale, era buona per dare avvio a interminabili
discussioni. Nel giro di pochi giorni vide gli amici allontanarsi e imparo' a girovagare da solo di
notte. La distanza tra lui e il mondo ando' via via aumentando, sino a tramutarsi da fastidio in
insofferenza. Si chiuse allora a doppia mandata dentro casa, cosa che, naturalmente, gli costo'
anche l'impiego. Le sue sortite si limitavano a sporadiche spedizioni notturne presso
distributori automatici di generi alimentari.. Era sicuro che almeno li' non avrebbe incontrato
anima viva. La notte ed il giorno persero il senso logico di divisione temporale e trascorreva
innumerevoli ore a leggere. Non aveva importanza cosa leggesse, cio' che gli importava era
solo il suono delle parole. Poteva trattarsi anche di una lingua sconosciuta, lo affascinava
l'immagine che la musicalita' della parola stessa poteva evocare in lui. Anche il senso di spazio
perse ogni significato e inizio' a trovare inutili anche gli spostamenti dentro casa. Nel giro di
poco tempo si ritrovo' seduto sul letto a digiunare ed emettere vocalizzi apparentemente
insignificanti. Non ha saputo dirmi quanto tempo abbia trascorso in quello stato, ma ricordava
che man mano che il tempo trascorreva, sentiva dentro di se' crescere una forza smisurata
senza nome. Un pomeriggio, senza che ne avesse formulato il pensiero, una parola si formo'
meccanicamente nella sua bocca e si ritrovo' in piedi, pronto per uscire. Era come se dai cocci
del suo spirito fosse scaturita improvvisa una luce.
"Dentro di noi - seguito' Davide fissandomi negli occhi, mentre da lontano ci giungeva la
sirena del traghetto - vive una luce incatenata ..solamente quando tutti l'avranno tratta fuori dal
buio si potra' dire con la massima tranquillita' che tutto e' tornato nella luce. Sino ad allora cio'
che regna e' l'oscurita' ...Probabilmente quando verra' quel giorno nessuno se ne accorgera'
perche' quella sara' la normalita'"
Lo guardai perplesso, incapace di esprimere il benche' minimo commento.
"Ecco! - seguito' lui - e' la consapevolezza che dentro di noi esista un lato nascosto da dover
tirare fuori a turbarmi piu' di tutto. Ho scoperto che perdonare a se stessi e' una cosa molto
difficile."
Ero ancora in attesa di sapere la parola che aveva provocato in lui tale terremoto, quando
un secondo suono della sirena del traghetto ruppe l'incanto. Davide si volto' ad osservare gli
ultimi passeggeri che si stavano affrettando per salire a bordo e, prima ancora che mi fossi reso
conto di quanto era accaduto, mi ero ritrovato da solo.
I marinai stavano gia' ritirando le gomene dall'acqua. "No, non ha nessun diritto a lasciarmi
cosi'" dissi a me stesso e corsi a perdifiato lungo il molo per giungere sino al piccolo faro
dell'uscita dal porto. Vidi Davide, era sul ponte che agitava un braccio in segno di saluto.
Risposi, ma il mio agitare il braccio non era un saluto, ma un sollecito a risolvere l'enigma. Lo
vidi perplesso, poi comprese e grido' qualcosa, ma, nello stesso istante, la sirena del traghetto
copri' la sua voce.